sabato 6 dicembre 2014

I PALERMITANI, I MILANESI, LA METRO E JACK TORRANCE

Qualsiasi comico del Sud Italia sia venuto a vivere a Milano ha fatto fortuna con pezzi del tipo "milanesi vs napoletani" ragion per cui l'idea potrebbe sembrare abusata. Vi assicuro tuttavia che l'antitesi è così potente da suscitare una certa ilarità.

Il milanese corre, non è un luogo comune.
Il milanese, la mattina, si precipita giù dalle scale della metro come se la metro che sta per partire fosse l'ultima fino alla fine dei tempi e quella fosse per lui l'ultima occasione per salirci su. In realtà la metro successiva passa esattamente un minuto e mezzo dopo - tempistica pedantemente segnalata dal display che io ogni mattina guardo e mando a cagare.
Morale della storia: il milanese non corre perché abbia fretta o sia in ritardo, corre per lo stronzissimo gusto  di correre.


Il palermitano, first of all, la metro non ce l'ha - no, quel trenino che conta cinque fermate in tutta la città NON E' UNA METRO!
A Palermo c'è l'autobus ma il palermitano l'autobus non lo prende.
Non lo prende per un'innumerevole quantità di ragioni. La prima: in auto è meglio. Sì, ma il parcheggio? direte voi. Bazzecole. Il palermitano posteggia dove cazzo gli pare fosse anche dentro un'aiuola o direttamente davanti il banco frigo del supermercato. La preoccupazione del parcheggio, per il palermitano, è aliena.
E l'ambiente? Prendere l'auto contribuisce ad allargare il buco nell'ozono e a riempire l'aria di polveri sottili! starete pensando voi indignati.
Ora, posto che dubito che la maggioranza dei palermitani  - ovvero quelli che alla vita chiedono solo di poter prendere la bolletta - conoscano i concetti di 'ozono' e 'polveri sottili', qualora li conoscessero sono certa vi risponderebbero: me ne fotto. Sì, sembra una battuta alla Cetto La Qualunque ma è purtroppo la triste realtà delle cose.
In ultimo, potrebbe sembrarvi secondario ma in realtà la questione di genere è rilevante: l'autobus è da femmine perché il maschio, se è un vero maschio, la macchina ce l'ha.


Ma mettiamo il caso, un palermitano decida, suo malgrado, di prendere l'autobus, il suo atteggiamento sarebbe miglia e miglia distante da quello del milanese.
Innanzi tutto l'autobus va aspettato. Un paio d'ore almeno. Per cui lui si mette lì ad aspettare, sotto la pensilina - non si siede perché la panchina è stata precedentemente divelta da un gruppo di simpatici giovanotti - e aspetta, guarda le auto passare. Assume una contemplazione quasi estatica, lo sguardo fisso, perso in un dove sconfinato e lontanissimo o forse è solo quel suo unico triste neurone che si ritrova senza nulla da fare e langue.
Dopo innumerevoli visioni estatiche e forse anche qualche esperienza extracorporea il palermitano volge lo sguardo e lo vede, il gigante arancione che avanza.
Potrebbe pure non essere il suo autobus ma lui strizza gli occhi fiducioso, vuole riconoscere il numero, vuole rinfrancare il suo spirito, vuole dirsi coraggio, per questa volta ce l'abbiamo fatta.


Purtroppo no, l'autobus non è il suo perché per una X legge di Murphy se aspetti l'autobus a Palermo, l'autobus che arriva non è mai il tuo.
Così il palermitano bestemmia un po' fra sé e sé, si incazza, pensa appena arriva il prossimo salgo e ne dico quattro all'autista!

Direi che è doveroso spendere qualche parola sul povero autista, unico solitario referente al pubblico di un'azienda municipalizzata che genera scontento come gli elfi di Babbo Natale generano deliziosi pacchetti regalo. L'autista è solo; solo, davanti un pubblico inferocito.
Da pochi anni sulla sua testa sta affisso una cartello 'Vietato parlare al conducente'. Ovviamente il palermitano lo ignora e gli parla lo stesso e si lamenta, si lamenta, parte dal ritardo dell'autobus e arriva a discorsi di alta politologia del tipo ' E lo Stato cosa fa?' oppure 'I politici su tutti latri' (ovvero lo stra masticato i politici sono tutti ladri).



Ma quando finalmente l'autobus arriva il palermitano è così stanco e giù di morale che non ha neppure più voglia di cazziarsi l'autista.
Il viaggio della speranza ha inizio: all'orizzonte si stagliano percorsi ad ostacoli fra tombini divelti e buche nell'asfalto, cumuli di spazzatura non raccolta da giorni, un ragazzino che scippa la borsa a una turista, attraversatoti selvaggi, ex-pip inferociti che protestano perché il tempo determinato del loro contratto è scaduto e loro vogliono riavere un posto che non avrebbero mai dovuto dargli. Seguono: bambini selvaggi che gironzolano allegramente - in orario scolastico - in bici o, peggio, su motorini sgangherati che non hanno l'età per guidare.
Il tutto nella splendida cornice del traffico palermitano: i clacson, lo smog, gli automobilisti i quali, io credo, non hanno mai visto l'interno di un'autoscuola altrimenti saprebbero che quelle strisce per terra non sono simpatici motivi decorativi ma corsie di preselezione - in altre parole, se devi girare a destra, incolonnati a destra, brutta testa di minchia, invece di tagliare la strada alle altre tre file di auto che devono tutte prendere direzioni diverse!



Comunicare col palermitano, poi, è difficile, è una violenza psicologica perché è capace di rispondere in modo tale da risvegliare istinti omicidi anche nella tenera, piccola, compianta Madre Teresa. Del tipo:
(Io in bici) - Scusi, ha posteggiato sulla corsia delle bici.
Lui mi guarda con aria di sufficienza e poi dice:
- Vabbè, perché, non ci passi?

Alla fine del viaggio in autobus il povero palermitano stremato scende alla sua fermata e continua a vivere la sua discutibilissima esistenza: due ore di agonia per raggiungere un posto che avrebbe raggiunto in mezz'ora, a piedi.
Questi sono i misteri dei percorsi degli autobus palermitani che per portarti da A a B ti fanno passare da C poi al capolinea prendi l'autobus per D ad E scendi aspetti l'autobus per F che ha un paio di fermate in comune con l'autobus per B (ricordi ancora B? La tua prima lontanissima destinazione???) così, solo se hai culo, forse lo becchi.

L'esperimento antropologico del secolo sarebbe: prendi un milanese, espolialo del suo Ipad grigio, del suo vestito grigio e delle sue scarpe grigie (grigie? ma no che dico, troppo fuori dagli schemi, facciamo nere) ma soprattutto, tiralo fuori dalla sua puntualissima metro e mettilo su un autobus palermitano, l'Ipad lo sostituisci con una copia della Gazzetta dello Sport, il vestito con un paio di ridicoli jeans che lasciano rigorosamente scoperto il culo.
Ora osserva: in quanti minuti correrà via pazzo come un novello Jack Torrance?




2 commenti:

  1. ahahah mi hai fatta sorridere molto.So che i Milanesi corrono sempre e comunque ma non sapevo che il Palermitano fosse proprio così come lo dipingono i comici :) bacio Eli

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  2. Sul palermitano hai completamente ragione ahahah dalla prima parola fino all'ultima ho riso. Aiuto.

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Caro Anonimo, se vuoi insultarmi devi almeno metterci la faccia. Se non lo farai il tuo commento non verrà pubblicato perché allora non sarai una persona che vuole muovere una critica ma solo uno che vuole litigare. E io ho cose ben più serie da fare, nella vita, che litigare con uno che non ha neppure il coraggio delle proprie parole :)

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