lunedì 25 luglio 2011

Lolita - Vladimir Nabokov

Lolita è un libro abbastanza difficile da commentare.
Parla di una ragazzina, Lolita appunto, o Dolores, o Lo e del suo patrigno.
La storia, penso, sia nota a tutti:
Lolita preadolescente viene sedotta dal patrigno. E per molti la storia si limita a questo, ad un racconto vagamente erotico, un on the road un po' noioso ed un epilogo che neppure il miglior Zola avrebbe potuto immaginare.
Anch'io devo confessarlo, mi ero fermata a questo grado dell'analisi del testo, e a guardarlo da questa prospettiva questo libro mi aveva molto delusa.
Il libro si può dividere in tre parti: la prima, in cui si racconta la vita del patrigno Humbert Humbert prima di incontrare Lolita, la seconda in cui si parla del matrimonio di Humbert con la madre di Lolita e di come, alla fine, il professore si mette in viaggio con la figliastra, la terza, in cui si parla della vita di Humbert dopo Dolores.
La prima parte è abbastanza avvincente, la seconda una noia mortale, la terza, riscatta un intero libro.
Io penso che la costante di questo libro sia l'inadeguatezza umana. Il desiderare qualcosa che non si può avere, ed anche se si riesce ad ottenerlo si scopre poi che non è affatto come lo avevamo immaginato. Il non sentirsi abbastanza e far di tutto per diventarlo. Il non avere nulla e far di tutto per far credere al mondo di avere invece tutto ciò che si desidera. Il vuoto che c'è dentro e cerchiamo giornalmente di riempire nel modo più comodo, più affascinante.
Come ho detto all'inizio non è semplice commentare questo libro, è così pieno di spunti e di "cambiamenti di direzione" che mi trovo incapace di scrivere un'analisi composta e ponderata.
Vi lascio con una citazione che è per me come un'esegesi dell'intero romanzo.

D'un tratto quando Avis si avvinghiò al collo e all'orecchio del padre a lui, con un braccio distratto, avviluppò la sua pingue e voluminosa progenie, vidi il sorriso di Lolita perdere tutta la sua luce e diventare l'ombra piccola e congelata di se stesso, e il coltellino scivolò giù dal tavolo e il manico d'argento le colpì in malo modo la caviglia, e lei sussultò, e si chinò con la testa in avanti, e poi, saltando su una gamba sola, il viso sfigurato dalla smorfia preparatoria che i bambini mantengono finchè non sgorgano le lacrime, scomparve - per essere subito seguita e consolata in cucina da Avis, che aveva un papà così grasso e roseo e meraviglioso e un fratellino cicciottello, e una sorellina nuova di zecca, e una casa, e due cani sorridenti, e Lolita non aveva nulla.


Valutazione: 4/5

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