Domenica sera con i miei cari compagni di avventure sono stata a questa manifestazione "La Sicilia abbraccia il Giappone" organizzata dall'Associazione culturale Sicilia Giappone e arrivata quest'anno alla sua quinta edizione.
La manifestazione è durata tre giorni, la location è stata Villa Trabia a Palermo: le condizioni meteorologiche hanno purtroppo fatto sì che tutti gli stand fossero concentrati nelle anguste stanzette del primo piano della villa, mentre nel parco sono rimasti solo gli stand nei quali si vendeva il cibo.
In generale l'atmosfera era carina, le vecchiette giapponesi vestite con gli abiti tradizionali erano molto graziose, gli origami, le maschere del teatro Noh, il maestro dei nodi. Anche il cibo era ottimo: io ho assaggiato un onigiri al salmone veramente buono.
Il culmine della serata è stato lo spettacolo di danza Buton di Sayoko Onishi. Lei era davvero incantevole, i suoi movimenti erano leggerissimi e molto aggraziati.
Quella di domenica è stata anche un'ottima occasione per osservare i miei concittadini. Sì, sapete, io li osservo quando posso, come fossero strane bestie in gabbia da affliggere con orrendi esperimenti.
L'esperimento di domenica sera era il seguente: incontro con una cultura diametralmente opposta alla loro - alla mia.
I risultati dell'esperimento mettono in evidenza che non sono capaci.
Le cavie reagiscono bene agli stimoli visivi e sensoriali in genere ma non riescono ad andare più in là: si compiacciono del gusto di quelle strane palline di riso, si intristiscono davanti la mostra fotografica dedicata ad Hiroshima e Nagasaki ed escono fuori qualche spicciolo per acquistare il gadget che gli passa sott'occhio: un portafortuna, un segnalibro, una borsetta cucita a mano.
Tuttavia, resta tutto su questo piano. L'incontro culturale, non avviene. Loro continuano a stare di qua, aggrappati alla loro rassicurante e torbida cultura occidentale, mentre gli altri, i giapponesi in questo caso o chi per loro stanno di là, oltre il vetro, osservati come fossero strani uccelli esotici in gabbia.
Ciò che voglio dire non è che fosse necessario sconvolgersi davanti ad un onigiri, rinnegare l'Occidente e abbracciare commossi il vecchietto dei nodi, sarebbe semplicemente bastato guardare a quella gente come esponenti di una cultura, non come scimmie ammaestrate allo zoo.
Vedevo ragazzetti scorrazzare per la manifestazione, i sedicenti Otaku, i nuovi esperti della cultura giapponese: leggere un manga e mangiare una porzione di ramen ti qualifica come nessun attestato accademico, lo sapevate? Loro affermano orgogliosi di amare il Giappone, vestono buffi costumi da cartone animato, mangiano cibo liofilizzato che sa semplicemnte di brodo.
Ma dove sta l'amore mi chiedo. Questo amore che professano è tutto qua?
Spero di sbagliarmi, pero che sia vero amore per una cultura altra, che sia vera apertura mentale, che siano veri presupposti per crescere e diventare adulti migliori e non la solita moda, la solita voglia di non restare soli.
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