Ieri pomeriggio io e consorte ci accingevamo a uscire dal parcheggio dell'Esselunga quando guardo il telefono e trovo una chiamata persa di mia madre. Orario insolito, penso e la richiamo.
Mi risponde infuriata quasi urlando che Bruno Vespa ha intervistato il figlio di Totò Riina in occasione dell'uscita del suo libro (suo di Riina jr, non di Vespa) in cui parla del suo papà buono e della sua infanzia perduta.
Io lì per lì non ho focalizzato, ho semplicemente accolto la notizia (e l'ira funesta di mia madre!).
La sera, per curiosità ho messo per qualche minuto su Porta a Porta, non ho visto l'intervista al Sig. Riina ma ho ascoltato un po' i commenti di chi era in studio.
Quello che ho provato è stato innanzi tutto profondissimo disagio - se non disgusto - a pensare che il figlio di Riina e il figlio dell'agente Schifani fossero, ieri, invitati alla stessa trasmissione e abbiano parlato l'uno dieci minuti dopo l'altro.
Mi è sembrata una cosa sbagliata, per citare i miei cari bigotti contro natura.
Questa mattina però, a mente fredda, ho riflettuto sulla faccenda e, devo essere sincera, nonostante il giornalismo di Vespa non mi piaccia praticamente mai, penso che la sua scelta non sia stata peregrina.
Certo, lo stile dell'intervista e l'impostazione tutta della puntata è stata molto da "caso umano" cosa che, di per sè, fa un po' schifo, però la funzione di quell'intervista potrebbe non essere così malvagia e per due motivi che ora vi dirò.
Strage di via d'Amelio, 19 luglio 1992 |
Premessa: io nutro moltissima rabbia nei confronti della Sicilia. Me ne sono andata, fra l'altro, anche perché ho provato a contribuire, a fare qualcosa per cambiare lo stato delle cose ma dalla parte dei buoni ho trovato più ottusità che dalla parte dei cattivi.
Non mi piace la Sicilia, non mi piace Palermo, sono schifata, arrabbiata, delusa. E la mafia fa parte di tutto questo, è uno dei motivi della mia rabbia. Probabilmente se mi trovassi di fronte Totò Riina lo picchierei e basta, senza dargli la possibilità di difendersi, vorrei fargli male fisico e vederlo soffrire, non mi vergogno di dirlo.
Però poi penso: sono persone immonde, è vero, ma non hanno anche loro diritto di parola?
Non è una domanda retorica, me lo chiedo realmente.
Da un lato risponderei NO: sei un mafioso, devi solo stare zitto e in carcere per il resto dei tuoi giorni e devi dare meno fastidio possibile.
Dall'altro rispondo SI: è giusto che parlino perché se gli negassimo la parola saremmo un po' come loro.
Altro punto: la cara antimafia siciliana spesso portata avanti da figli di papà con i 50€ sempre in tasca dimentica puntualmente che la mafia fa schifo non può e non deve essere dato per scontato.
C'è gente per cui la mafia non fa schifo.
Ci sono ragazzi che crescono nella mafia, per cui la mafia è la normalità. C'è gente per cui il mafioso di quartiere è uno che ti dà una mano quando ne hai bisogno. E capire questo snodo, a mio avviso, è essenziale per una efficace lotta alla mafia.
Non nasciamo tutti onesti, alcuni di noi nascono e hanno già il padre in carcere e il mafioso di quartiere è quello che ogni mese porta i soldi a casa per vivere.
Per portare dalla nostra parte il figlio del mafioso - o chi per lui - dobbiamo prima capire cosa sia la mafia per lui e solo dopo fargli capire perché sia una cosa sbagliata.
E quindi ci credo, per Riina jr, suo padre è solo un padre.
Se Riina jr avesse altri mezzi, forse, anche da figlio, potrebbe andare oltre e capire l'orrore che è suo padre ma non possiamo darlo per scontato.
Alcuni di noi sono capaci di riconoscere ciò che non va anche nella persone a cui si vuol bene altri non ne sono capaci. C'è gente per cui mamma e papà sono mamma e papà qualsiasi cosa facciano (non parlo per forza di una cosa estrema come il fare parte di una cosca mafiosa..).
Per tirare un po' le somme di questo post un po' sconclusionato devo dire: ho molte domande e pochissime risposte in merito alla puntata di Porta a Porta.
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