lunedì 15 aprile 2013

La questione Flaccovio a Palermo: quando la globalizzazione non è la causa di tutti i mali.

punto vendita Flaccovio di via Ruggero Settimo, Palermo
Circa a metà della settimana appena trascorsa è stata diffusa una brutta notizia per la città di Palermo: le storiche librerie Flaccovio chiudono.
Ovviamente è una cosa negativa per la città tutta: per i dipendenti, per la vita culturale della città, per la storia stessa della città. E' brutto, non c'è che dire.
Come al solito, subito la gente ha iniziato a fare dietrologie sulla chiusura delle librerie Flaccovio e la teoria più accreditata nonchè a mio avviso la più banale è che è tutta colpa della globalizzazione aka Feltrinelli di via Cavour e Mondadori di via Ruggero Settimo.
Dico che mi sembra una teoria banale proprio perchè frequento molto le librerie, mi piace andare anche in quelle piccole, in quelle non fighe che hanno solo scaffali a muro e nessuna poltroncina o angolo bar o luci soffuse e rassicuranti; e avendo frequentato anche gli scaffali Flaccovio so bene che i super concorrenti che aveva nei dintorni non erano il suo solo problema. A mio avviso aveva problemi molto più grossi al suo interno.

In primis, vorrei chiarire il punto libreria figa versus libreria di quartiere.
Io vado spessissimo da Feltrinelli e posso dire che acquisto libri quasi esclusivamente lì ma per la qualità del servizio offertomi non perchè Feltrinelli è una libreria più bella.
Se Flaccovio avesse avuto gli impiegati competenti che ha la Feltrinelli, l'organizzazione che ha la Feltrinelli, la lungimiranza che ha avuto la catena Feltrinelli non vedo perchè non avrebbe dovuto avermi fra i suoi clienti. Avvalora la mia tesi il fatto che la Mondadori è figa tanto quanto la Feltrinelli ma non ha impegati competenti, nè cordiali, nè una buona organizzazione. Ergo, non mi ha fra i suoi clienti.
Sarò stata sfigata io ma tutte le volte che sono entrata da Flaccovio ho trovato impiegati poco informati, scostanti, dai quali sono stata trattata non dico male ma quantomeno con sufficienza.

Purtroppo le piccole librerie sono rimaste attaccate ad un'idea di libreria piccolo borghese che è semplicemente un negozio. La libreria, oggi, non è più solo un negozio. Lo dimostra il fatto che il 90% delle volte che entro da Feltrinelli non lo faccio per comprare un libro. Vado a prendere un caffè, guardo un po' in giro, segno qualche titolo che poi più avanti tornerò a comprare.

Altro discorso quello dell'assortimento. Lì la questione è un po' più difficile. L'ho studiato all'università: le grandi catene hanno il vantaggio di poter comprare a livello nazionale se non internazionale, i piccoli esercizi commerciali no. Così se Feltrinelli può comprare 3000 copie (sto usando numeri simbolici ovviamente) di un libro da vendere su tutto il territorio italiano, Flaccovio può comprarne solo 100 copie.

La globalizzazione sta facendo danni irreparabili, sono d'accordo, ma spesso ci si adagia sulla convizione che tanto la globalizzazione ci ucciderà tutti e quindi non si fa nulla per stare al passo.
La trita e ritrita frase del Gattopardo ha sicuramente un fondo di verità: dobbiamo cambiare per fare in modo che tutto resti uguale.

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