Nel mio post precedente [I Palermitani, i Milanesi, la metro e Jack Torrance] tratteggiavo il profilo del milanese tipo come preciso ed efficiente ai limiti del compulsivo. Ebbene, oh mio caro lettore, oggi mi sono dovuta ricredere.
La prima esperienza traumatica della giornata è avvenuta dentro Tiger.
Una persona che, come me, ha vissuto per ben 28 anni in mezzo ai palermitani pensa di aver visto tutto. Pensa di aver visto tutto e pensa che nulla può esser peggio del palermitano.
Oggi, come vi dicevo, mi sono ricreduta.
Tiger è un negozietto di oggettini - più o meno utili - in stile nordico e a poco prezzo che si affolla smodatamente sotto le feste, come ho potuto appurare.
In questo ultimo mese di vita milanese mi è capitato di entrare da Tiger almeno un paio di volte e ho sempre trovato casino - il negozio, del resto, è piccolo - ma oggi ho trovato l'INFERNO.
Una massa di gente brulicante che si dimenava avanzando di corridoio in corridoio, con cestini tracimanti di oggetti di qualsivoglia natura - post-it, matite colorate, guanti di lana, sapone, puzzle, una teiera. Mi sentivo a casa, vi giuro, in mezzo ai quei buontemponi dei palermitani, loro, con la loro idea anarchica della fila, con la loro razionalità un po' così..
Tuttavia, la grande delusione della giornata è stato un posto apparentemente fighissimo che si è rivelato nulla di che.
Io e consorte, stremati dal nostro shopping natalizio - questa prendetela con le pinze! - decidiamo, ormai ben oltre ora di pranzo, di fermarci a mangiare qualcosa. Dopo varie peripezie approdiamo da Pandenus, vicino corso Buenos Aires.
Posto carino, bella atmosfera, entriamo, c'è una vetrina con vari panini ma non capiamo se è solo da asporto o ci si può anche sedere così Marco chiede al signore che si occupa dei tavoli.
Lui da subito si pone in un modo a dir poco antipatico, spiegando sbrigativamente come funziona ma con il tono di chi sta dicendo cretino, non lo sai come funziona qui?
Eh no mio caro, queste cose fighe in Terronia non le abbiamo, noi incartiamo pane e formaggio nella carta marrone e ci fermiamo a mangiarlo su una panchina in piazza dove vecchi centenari dotati di coppola e scacciapensieri allietano il passaggio di nutriti greggi di pecore. Jesus -.-"
Superata questa prima impasse ci sediamo e veniamo forniti di un menu mal spiegato e male organizzato. Proprio perché il menu non era chiarissimo in tutti i suoi passaggi, Marco chiama il suddetto simpaticone per chiedere delucidazioni. L'amico, dimostrandosi sempre meno cordiale, non capisce la domanda e per tutta risposta dice a Marco, spazientito, le uova in camicia sono uova bollite!
Maddavvero? E io che pensavo me le servissi dentro una Armani puro lino.
Superata anche l'impasse-ordinazione arrivano i piatti.
Ah, non vi ho detto una cosa importantissima. Non si è trattato di un semplice pranzo. Era un brunch. Io ho portato Marco a un brunch e so che dovrò pagarla, probabilmente con un'andata allo stadio. Essia.
Il brunch constava di un sostanzioso piatto principale, un succo di frutta e un caffè.
Il piatto di Marco era sostanzioso, sì. Hamburgerone, patatine, uova strapazzate, insalata.
Il mio, appena arrivato, mi ha invece suscitato una vena di malinconia. Era poverello, striminzito, un piatto parvenu che si agghinda di lusso ma che è cresciuto nei bassifondi: insalata - scondita, ma vabè -, patatine fritte - sul menu erano al forno, ma vabè -, avocado - più che morbido cremoso, ma vabè -, qualche fettina di salmone e circa cinque/sei gamberoni bolliti - e non puliti perché il "filo" era ancora lì in bella vista...ma vabè.
Abbiamo pagato tanto, non siamo stati trattati bene e soprattutto il rapporto qualità-quantità-prezzo ha lasciato davvero molto a desiderare.
Più di tutto però, mi disturba la pretenziosità.
Pandenus è chiaramente un luogo per chi vuole apparire.
Non cadiamo nel misunderstanding: non dico che tutti quelli che vanno lì non ne capiscono nulla di cibo e ci vanno solo perché il posto è figo, no.
Dico che il posto si vende molto bene sull'apparenza, mentre sulla sostanza è decisamente carente.
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